Anish Kapoor

Earth Cinema è un taglio scavato nella terra (45 m di lunghezza), in cui le persone possono entrare dai due lati. All’interno una lunga feritoia permette di “vedere” il paesaggio, sentendosi parte di esso. Si tratta di una strettoia nel fondo di appena 7 m di larghezza, dove Kapoor invita a ritrovare un suono, un’eco della Madre Terra, a ritrovare un’immagine sullo schermo messo al centro del lato della feritoia in cui non compaiono figure in movimento, ma riflessi, ombre della vegetazione sovrastante.

L’opera apre un nuovo punto di vista artistico sul territorio, invitando lo spettatore ad osservarlo dal di dentro. «È un lavoro che ha una scala architettonica e richiede una specie di risposta fisica, non è fatta per essere solo guardata ma è un’esperienza che vivi… L’idea è quella dell’interno della terra, di una grotta… in qualche modo sai che non è una grotta naturale ma una specie di cavità fatta dall’uomo… c’è una dialogo tra la cultura e la natura».

Biografia

Nato a Bombay nel 1954, da padre indiano e da madre ebrea irachena, Anish Kapoor vive e lavora a Londra dagli inizi degli anni Settanta, dove si è trasferito per motivi di studio. Figura centrale nel panorama dell’arte contemporanea, ha esposto nei più importanti musei del mondo; le sue opere sono in collezioni pubbliche e private internazionali.

Kapoor indaga la dialettica degli opposti ed è l’utilizzo del colore nella sua purezza a diventare elemento costante dei suoi lavori e simbolo della sintesi tra oriente e occidente.

Decisivo nella sua carriera artistica è l’anno 1979, quando Kapoor, ritornato in India, riscopre le sue origini e il suo essere su una sottile linea di confine tra oriente e occidente. Rientrato in Inghilterra, esegue la serie dei 1000 Names.

Nel 1980 tiene la sua prima personale nello studio di Patrice Alexandre a Parigi, mentre nel 1981 è la volta di Londra alla Coracle Press. Nello stesso anno nasce la collaborazione con il gallerista Nicholas Logsdail, titolare della Lisson Gallery di Londra.

Ben presto assume un ruolo di spicco nella New British Sculpture, la nuova scena della scultura inglese,accanto ad artisti come Cragg, Deacon, Woodrow e Gormley. In questi anni la sua ricerca è orientata verso l’uso del colore che conferisce ai suoi lavori la qualità di superficie. “La pelle, la superficie esterna, è sempre stata per me il posto dell’azione. E’ il momento di contatto tra l’oggetto e il mondo. La pellicola che separa l’interno dall’esterno”.

Nel 1990 partecipa alla 44^ Biennale di Venezia, come rappresentante della Gran Bretagna, e vince il Premio Duemi

Nel 1992 ottiene il Turner Prize e di nuovo il Premio Duemila alla 45^ Biennale di Venezia.

Si susseguono mostre in tutto il mondo, commissioni pubbliche e private. Le sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo: Tate Modern di Londra, MOMA di New York, Reina Sofia di Madrid, Kunsthalle Basel di Basilea, Stedelijk Museum of Modern Art di Amsterdam.